STAGIONE 2017-2018 UT QUEANT LAXIS RESONARE FIBRIS
“Il detto Joseph Haydn si presenterà ogni giorno nell’anticamera prima e dopo mezzogiorno, e si informerà se sua altezza vuole ordinare un’esibizione dell’orchestra”, prescriveva il contratto in quattordici punti che legava il grande compositore austriaco al suo principe mecenate. Una convocazione che poteva spesso portare a domande e commissioni piuttosto precise: “Altezza, le andrebbe una sinfonia in Re minore o pre- ferirebbe qualcosa di più leggero, come un quartetto in Si bemolle maggiore?”.
Forma e tonalità, stile e autore: ecco gli elementi su cienti per fare una buona ordinazione.
La tonalità è dunque parte decisiva della scelta, che prelude alla nascita di nuova musica: tonalità quale elemento espressivo e formale di primaria rilevanza, non sempre adeguatamente messo in rilievo se non come indicazione nominale.
Ai diversi toni della scala esacordale abbiamo dunque deciso di dedicare la stagione 2017-2018.
Le note, fin dai tempi dei greci, avevano un nome: alle diverse frequenze, intese come altezze assolute, venne attribuita una lettera, tanto nei papiri greci quanto nel sistema oddoniano. Fu il monaco benedettino Guido d’Arezzo a modificare radicalmente il sistema di riferimento, quando decise di aiutare la memorizzazione dei suoi cantori introducendo nomi che andassero anche a semplificare intervalli.
Dall’originale esacordo del salmo di San Giovanni, brano gregoriano di assai vasta diffusione, nacquero le prime sei note della scala musicale: «UT queant laxis / REsonare bris / MIra gestorum / FAmuli tuorum / SOLve polluti / LAbii reatum, Sancte Iohannes».
Nel canto piano, tuttavia, l’uso di un diverso modo (ovvero la collocazione dei toni e semitoni principali) determina sottili differenze espressive che possono essere traslate in alto o in basso a seconda delle voci degli esecutori.
Occorre attendere la nascita della polifonia (più melodie diverse cantate contemporaneamente e sovrapposte) perché il discorso del modo divenga più complesso: non più solo la sequenza degli intervalli della scala diviene portatrice di valenze retoriche, ma la sovrapposizione stessa dei suoni all’interno di un brano e lo loro gerarchia determina la differenziazione tra modi maggiori e modi minori.
L’introduzione di strumenti dal suono fisso (organi, clavicembali ma anche strumenti e ato e pizzico) rese udibile un problema teorico fino ad allora affidato al gusto dei cantanti: come deve suonare ogni intervallo di terza maggiore e minore, di quinta e sesta, e di conseguenza quanta parte di inarmonicità è ammessa in ogni accordo? La prima scala conosciuta fu pitagorica: con essa, appena ci si allontana dal Do maggiore, si iniziano a udire accordi fortemente dissonanti. Ecco perché una triade di Do diesis minore va bene per rappresentare l’orrore e lo spavento, mentre una di Do maggiore soavità e letizia.
“Le scale musicali differiscono essenzialmente le une dalle altre: […] qualcuna di essa fa gli uomini tristi e gravi, altre producono una modesta e serena tempra o ispirano entusiasmo” diceva Aristotele riferendosi agli ancor più complicati modi greci, e dando fondamento autorevole alle dispute sull’affetto delle diverse tonalità.
Tornando a Sua Altezza il Principe Esterhazy, “ordinare” una sinfonia in Mi maggiore, tonalità definita “ardita e piccante” (Riccati), “grandiosa e magnifica” (Rameau), poteva essere una scelta precisa legata all’umore del momento.
Come mai oggi siamo diventati così poco sensibili alla tonalità?
La complessità degli accordi e delle sequenze armoniche e melodiche si è accresciuta nei secoli fino ad arrivare alla atonalità, ai quarti di tono, alla dodecafonia; gli strumenti sono diventati totalmente cromatici; e a partire dall’epoca di Bach e dalla sua epoca è stato introdotto in modo definitivo un nuovo metodo di accordatura detto temperato. Tutti gli accordi, indipendentemente dalla tonalità, hanno una composizione di consonanza e dissonanza identica: nessun accordo è più “perfetto” secondo le regole pitagoriche, come nelle diverse precedenti accordature, ma tutti sono egualmente difettosi.
Il programma di questa stagione è dunque diviso in sei concerti, ciascuno dedicato a uno dei sei toni dell’originale esacordo del salmo di San Giovanni: a questo si affiancheranno come di consueto il programma d’Avvento dell’Ensemble Vocale Harmonia Cordis, il Festival Novecento e il Festival dell’Ascensione.
Oltre a Ensemble Hornpipe e Ensemble Vocale Harmonia Cordis, e ai gruppi che interverranno in occasione dei Festival, avremo anche la possibilità di ascoltare in Stagione il gruppo di musica antica Gli Adriarmonici e il quartetto Lunae, due ensemble nati dalla volontà dei musicisti che collaborano con Hornpipe di approfondire differenti repertori.
Abbiamo infine colto altre tre sfide, per definire il programma di questa Stagione.
La prima: dedicare il primo concerto del 2017, in Do, all’anniversario dei 250 anni della morte di Georg Philip Telemann (1681-1767), musicista rilevante del XVIII secolo, compositore quotato altrettanto di G.F.Haendel e J.S. Bach, di cui fu amico.
La seconda: dedicare il successivo concerto, in Re, a Maria Teresa d’Austria (1717-1780), sovrana dotata di grande attenzione per la musica della sua epoca, ma anche figura decisiva per Milano e la Lombardia, allora parte dell’impero asburgico, e per i grandi musicisti da lei conosciuti e amati (Mozart, Haydn, Gluck).
La terza: dedicare l’ultimo concerto, in La, a Leone Sinigaglia (1868-1944), musicista di cultura e fama europea, in occasione dei 150 anni dalla nascita, affiancando alle sue composizioni le opere dei suoi maestri Brahms e Dvorak.
Anche se è probabile che i nostri strumenti moderni non riescano a rendere appieno le sfumature insite nelle diverse tonalità, speriamo tuttavia che la volontà del compositore di esaltare attraverso melodie e temi il carattere proprio di ogni tonalità trovi in questi concerti “monotonali” una resa efficace, capace di avvicinarci progressivamente al carattere empatico della musica dei secoli passati.
Luca Vonella